Le diete ricche di proteine vegetali e animali, indipendentemente da altri fattori dietetici, sono associati con il miglioramento della adiposità centrale, riconosciuto fattore di rischio cardiovascolare, senza alcuna compromissione della funzione renale apparente.
Un’alimentazione ricca di proteine migliora quasi tutti gli indici di rischio cardiometabolico, senza compromissione renale.
Pubblicati i dati del grosso studio osservazionale NHANES sulle abitudini alimentari di oltre 11000 persone sane di età superiore ai 19 anni. A sorpresa, emerge che un’elevata assunzione di proteine sembra avere effetti positivi sulla quasi totalità dei parametri di rischio cardiometabolico e, anche se seguita per molto tempo, non metterebbe a repentaglio la funzionalità renale. I dati di anamnesi alimentare sono stati raccolti tramite diari alimentari 24 ore-recall. Si è valutato quanto un consumo crescente di proteine (da fonti varie: carne rossa/pollame/pesce, cereali e latte/latticini) influisca sia sui parametri indicativi di salute cardiometabolica, come l’emoglobina glicata (che riflette l’andamento della glicemia nel tempo), l’HOMA-Index (correlato alla resistenza insulinica), la pressione arteriosa, la colesterolemia HDL, il BMI e il girovita, ma anche su quelli indicativi della funzionalità renale, come il GFR (il tasso di filtrazione glomerulare) e la creatininemia (la funzionalità renale). Le associazioni tra l’assunzione di proteine e i risultati dei parametri di salute sono stati determinati con modelli matematici aggiustando i dati per sesso, razza e origine etnica, età, attività fisica, rapporto povertà-reddito, l'assunzione individuale (grammi per chilogrammo) per ciascuno delle altre 2 fonti di proteine, indice di massa corporea (BMI) (tranne che per le variabili legati al peso), e macronutrienti (carboidrati, fibre e grassi totali e saturi) assunti. L’assunzione totale media di proteine era 82,3 g/die (animale: 37,4 g/die; cereali: 24,7 g/die; prodotti lattiero-caseari: 13,4 g/die). Sia il BMI che la circonferenza vita erano inversamente associati con l’intake di proteine e vegetali. La concentrazione di azotemia è aumentata attraverso i decili per le proteine animali e i prodotti lattiero-caseari, ma non per le proteine vegetali. Probabilmente questo aumento è dovuto ad un maggior turnover delle proteine e ha scarsa rilevanza pratica. L’assunzione di proteine dalle diverse fonti non è mai risultata associata alla velocità di filtrazione glomerulare e alla creatinina nel sangue, quindi non si è rilevata compromissione renale. L’assunzione abituale di proteine non modifica i parametri di rischio cardiometabolico. Fa eccezione un’associazione diretta tra proteine animali e glicemia, che i ricercatori attribuiscono alla elevata quota di carni rosse e lavorate presente nell’alimentazione media americana. Altri studi, condotti in popolazioni con consumi proteici costituiti da carni bianche e pesce, hanno invece osservato un effetto protettivo sul metabolismo glucidico. Le diete ricche di proteine vegetali e animali, indipendentemente da altri fattori dietetici, sono associati con il miglioramento della adiposità centrale, riconosciuto fattore di rischio cardiovascolare, senza alcuna compromissione della funzione renale apparente. Autori: Berryman CE, Agarwal S, Lieberman HR, Fulgoni VL 3rd, Pasiakos SM. Fonte: Am J Clin Nutr. 2016 Sep;104(3):743-9. doi: 10.3945/ajcn.116.133819.
Comments